Far muovere una pesante navicella spaziale traendo energia dallo spazio vuoto? Non è un'idea assurda, anzi è fattibile ed è stata addirittura brevettata. Aisha Mustafa studente di fisica egiziana di 19 anni è titolare dello strabiliante brevetto.
Ma come è possibile?
Quando sentiamo parlare di concetti che sfidano il buon senso e la logica e non li sentiamo provenire da un ubriaco che caracolla fuori da un bar, ma da un'autorevole rivista scientifica, probabilmente c'è di mezzo la Meccanica Quantistica. Com'è noto se si scende al di sotto di una determinata scala, la realtà inizia a comportarsi in modi bizzarri. Una delle peculiarità del mondo quantistico è che una fetta consistente dei dati che descrivono un sistema sembrano sempre mancare all'appello. E per “mancare all'appello” non si intende che noi li ignoriamo, ma che proprio mancano dalla realtà. Su qualunque sistema quantistico regna sempre un velo d'indeterminazione. E ciò vale persino per il vuoto. Se esiste un sistema del quale si sa sempre tutto per definizione è il vuoto. Ma nella fisica quantistica, come si è detto, la realtà possiede sempre contorni sfumati e per garantire questa indeterminazione anche nei sistemi vuoti, abbiamo un ribollire di coppie di particelle ed antiparticelle che nascono e si annichilano in tempi brevissimi (perciò dette virtuali), creando una sorta di “rumore di fondo” che rende il vuoto, caotico e parzialmente indeterminato come qualsiasi altro sistema quantistico. Ma se il mondo quantistico ha una naturale propensione all'indeterminazione, che ritroviamo come una vera e propria costante, anche l'uomo ha una propensione naturale: quella ha ricercare utilizzi pratici per le leggi della natura. Non appena scoperto che il vuoto per la meccanica quantistica non è così vuoto, ci si è chiesti se fosse possibile sfruttare la baraonda di particelle virtuali che alberga in esso.
Lo scienziato, Christopher Wilson ed i suoi collaboratori del Chalmers University of Technology , lo scorso anno, sono riusciti a “promuovere” i fotoni virtuali in fotoni reali e dunque comune radiazione a microonde. Dunque in effetti è possibile sfruttare le caotiche particelle virtuali che abitano il vuoto. L'esperimento di Wilson si basa sull'idea espressa dal fisico Moore nel 1970 che la trasformazione in particelle reali poteva accadere se si fosse riusciti a far rimbalzare i fotoni contro uno specchio che si muove ad una velocità quasi pari alla velocità della luce (effetto Casimir dinamico). Ovviamente far muovere degli specchi a quella velocità è impossibile, ma con uno stratagemma ingegnoso si è riusciti ad ottenere un effetto simile. Il medesimo effetto Casimir dinamico è alla base dell'idea della giovane studentessa egiziana che potrebbe rivoluzionare l'esplorazione spaziale. Questa tecnologia è del tutto alternativa alla propulsione chimica che è stata sempre utilizzata nei voli spaziali che che presenta numerosi problemi legati al peso del combustibile, al suo stoccaggio ed alla sua disponibilità illimitata. Il motore di Mustafa potrebbe risolvere questi inconvenienti in un sol colpo.Fonte: estropico.blogspot.it
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